30 Settembre 2025 / / Casa Poetica

Separare lavoro e vita privata - Casa Poetica

Separare lavoro e vita privata è una delle sfide quotidiane più comuni per chi lavora da casa. Anche con una scrivania ben sistemata, il rischio è che i confini tra ciò che è personale e ciò che è professionale si confondano, lasciandoci in una perenne zona grigia, mai completamente nel lavoro e mai del tutto nel tempo libero.

Organizzare l’ufficio in casa non significa solo mettere in ordine lo spazio, ma anche creare una distinzione chiara tra momenti, ruoli e bisogni. Questo articolo nasce per aiutarti a ritrovare equilibrio, attraverso soluzioni semplici e realistiche, anche in ambienti condivisi.



Separare lavoro e vita privata in casa: il confine invisibile che fa la differenza

Chi lavora da casa sa bene quanto sia sottile il limite tra un’attività da concludere e una pausa che si allunga. Basta lasciare il portatile sul tavolo o tenere aperta la casella mail per sentirsi sempre reperibili, anche quando si vorrebbe solo cucinare o rilassarsi.

Quando non esistono confini definiti, il cervello fatica a staccare e il corpo a riposare. Questo non dipende solo dallo spazio fisico, ma dalla gestione del tempo, dai gesti con cui iniziamo e chiudiamo la giornata, dal messaggio che diamo a noi stessi ogni volta che scegliamo di lavorare o di fare altro.



Creare uno spazio che scompare: organizzare senza invadere

Non è sempre possibile avere una stanza dedicata. Molte persone lavorano da un angolo del soggiorno, dal tavolo della cucina, da una scrivania ritagliata in corridoio. In questi casi, ciò che conta non è tanto la metratura, ma la capacità di delimitare mentalmente quello spazio e di restituirgli, alla fine della giornata, la sua funzione originale.

Una postazione che si può allestire e ritirare con facilità aiuta moltissimo. A volte basta raccogliere il computer, i cavi e gli appunti in una borsa, in una scatola o in un piccolo mobile con ante. Chiudere gli oggetti significa anche chiudere la mente. L’ambiente torna neutro, e tu puoi tornare alla tua vita privata, senza sentirti costantemente al lavoro.



Riconoscere quando finisce il lavoro: il tempo è un alleato

Molte persone credono che lavorare da casa dia più libertà, ma la verità è che spesso toglie il senso del limite. Si inizia prima, si finisce dopo, si perde il ritmo tra i momenti. Dare un tempo al proprio lavoro, anche se flessibile, è fondamentale.

Avere un orario chiaro, un piccolo rituale che segna l’inizio e uno che indica la fine, aiuta a costruire uno spazio mentale ordinato. Un gesto semplice, come riporre il laptop, cambiare stanza, uscire anche solo cinque minuti, può rappresentare il passaggio dal tempo del dovere a quello del riposo. È in questi dettagli che si costruisce il confine vero.



Vivere con gli altri: quando separare significa spiegare

Se condividi casa con partner, figli o coinquilini, separare lavoro e vita privata richiede anche una comunicazione chiara. Non basta decidere dove lavorare: bisogna anche far sapere agli altri quando si è disponibili e quando no.

Serve coerenza, più che rigidità. Se tu per primo rispetti i tuoi orari, sarà più facile per chi ti sta intorno accettare il tuo spazio e i tuoi momenti. Allo stesso tempo, devi saper riconoscere quando è il momento di chiudere, di essere presente nella relazione, e di restituire all’ambiente la sua funzione di casa.



Separare lavoro e vita privata per ritrovare presenza

Quando spazio e tempo si sovrappongono senza regole, si finisce per essere ovunque e in nessun posto. Separare lavoro e vita privata non è un vezzo da organizzati, ma una necessità per stare meglio. È una forma di presenza: nel lavoro, nella casa, nelle relazioni.

Non serve una stanza perfetta, né una disciplina ferrea. Serve un sistema che funzioni per te, che ti aiuti a capire quando inizia una cosa e quando ne finisce un’altra. È in questa chiarezza che si ritrova la leggerezza.



Vuoi costruire uno spazio che ti aiuti davvero a staccare?

Se senti che tutto si mescola, se il tuo lavoro è sempre in vista e la tua vita personale non ha più un tempo chiaro, posso aiutarti a costruire un sistema su misura. Un ambiente che ti accompagni nella giornata, senza invaderla.

Scrivimi per una consulenza personalizzata. Separare non significa dividere, ma dare spazio a ogni parte di te.





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L’articolo Come separare lavoro e vita privata quando lavori da casa proviene da Casa Poetica.

30 Settembre 2025 / / La Gatta Sul Tetto

“E’ così disobbediente, ne ha fatte di tutti i colori…” “Non puoi capire che persona, ha un linguaggio così colorito…”

Queste sono solo due delle espressioni che nella nostra lingua censurano o tendono a classificare il colore come qualcosa di negativo. Sia l’espressione “farne di tutti i colori” che “linguaggio colorito”, infatti, riportano a dei comportamenti fuori dalle righe, scomodi e socialmente non accettati.

cromofobia

Da quando è iniziata per noi la cromofobia? Da quando abbiamo paura del colore? Nell’antichità i colori erano sinonimo di grandezza, di energia, di celebrazione, di ricchezza.

Alcuni dei meravigliosi monumenti che testimoniano la nostra storia, e per fortuna possiamo ancora ammirare nel loro splendore, non erano bianchi come li vediamo oggi, ma pieni di colori vividi. Ne sono un esempio la Colonna Traiana e l’Ara Pacis di Augusto, entrambe situate a Roma, che oggi appaiono cosi:

Crediti foto: Sara Pantoni

mentre nell’antichità apparivano in questo modo:

Le vesti e gli abiti in antichità erano sgargianti e pieni di colori. Il colore era un elemento aggiuntivo davvero costoso, perché ricavato da pietre preziose o da lavorazioni su materiali naturali rari. Per questo solamente l’alta borghesia poteva permettersi abiti colorati, mentre la plebe portava abiti scialbi e grezzi.

In pittura, ad esempio, il blu era il colore più costoso, perché ricavato dal lapislazzuli ed era quindi utilizzato solo per figure di alto lignaggio o in ambito sacro, come la veste della Vergine Maria che è spesso dipinta di blu.

L’ultima cena Leonardo da Vinci: via antrophistoria 

Cromofobia: riflessioni su un mondo in bianco e nero

Se torniamo al linguaggio, “mangiare in bianco” rimanda all’idea di una dieta restrittiva, “andare in bianco” significa non raggiungere uno specifico obiettivo, soprattutto in ambito sentimentale.

Mentalmente queste espressioni riportano quindi a un’immagine di scarsità, di mancanza. Quindi perché quindi le nostre case sono quasi tutte così?

Perché lavoriamo in posti così?

E perché mandiamo i nostri figli in scuole così?

O tentiamo di curarci in luoghi così?

Mentre poi nei nostri viaggi e nel tempo libero cerchiamo luoghi da visitare di questo tipo? 

Come se la gioia e l’energia che il colore ci porta dovessero essere circoscritti, centellinati, cercati solo in pochi giorni ristretti delle nostre vite, mentre il resto dell’anno dovesse restare costellato di palette di bianchi e grigi.

L’ambito sociale, il “buon senso”, ci hanno detto che a un certo punto avremmo dovuto cominciare a “fare le persone serie”, a comportarci come degli adulti e non come dei bambini.

Infatti sia nell’arredamento di interni che nella moda il bianco, così come il grigio, rimandano all’idea di chic, di lusso, di senza tempo, di qualcosa che non stanca mai. 

Quindi lo scegliamo perché ci piace davvero o perché è quello che ci hanno detto ci dovrebbe piacere?

Come il colore cambia la percezione di uno stesso ambiente

Vi porto un esempio reale creato in studio, nel mio laboratorio che ospita uno spazio di circa 25 mq, un teatro di posa che viene modificato di volta in volta per soddisfare dei criteri scenografici specifici.

Cromofobia

Nel primo caso, per un film indipendente, mi è stato chiesto di creare un mini appartamento per un personaggio immaginario, quasi un cartone animato, un fumetto, che vive in un mondo distopico.

Il personaggio è un ragazzo di circa 30 anni, solo, che vive una vita monotona e decisamente piatta; mi piaceva l’idea di creare un appartamento reale ma che sembrasse disegnato, quasi in 2D e che trasmettesse l’idea di ansia, di angoscia, di solitudine e rigidità.

Lo stesso ambiente è stato poi modificato per creare una scenografia completamente diversa, uno spazio commissionato per invitare professionisti a parlare della propria azienda e del proprio lavoro

Avevo bisogno di un ambiente accogliente, che mettesse a proprio agio gli ospiti. La scenografia è stata progettata per essere utilizzata per intero o in quattro diverse locations. 

Qui si nota come, uno stesso ambiente, cambia completamente veste a seconda del colore e dell’arredo che viene utilizzato.

  • Nel primo caso il bianco, il nero e il grigio, le forme rigide, le linee rette nere, creano un ambiente ostile, asettico e decisamente poco accogliente.
  • Nel secondo caso il blu, il legno, il color cammello e i tocchi dorati cambiano la prospettiva, rendono l’ambiente caldo ma austero e pronto a uno scopo diverso.

Scrollatevi quindi di dosso questa cromofobia da cui siete affetti, il colore è importante: cambia la nostra percezione sulle cose e sul mondo, migliora il nostro umore e facilita le nostre vite, rendendole ricche e piene di abbondanza!