29 Dicembre 2025 / / Coffee Break


La Vigilia di Natale è il momento perfetto per starsene tranquilli a guardare
uno di quei vecchi film che riguardiamo ogni anno, regolarmente la sera di
Natale. Ecco una piccola playlist cinematografica pensata per chi ama
l’architettura e riconosce il potere degli spazi nel raccontare le storie.

Curiosamente, nei film ambientati a Natale, l’architettura è ben diversa
dall’immaginario della casetta con tetto spiovente e il caminetto scoppiettante
mentre fuori il paesaggio è ammantato dalla neve. L’architettura moderna non
cerca di essere accogliente, al contrario, mette in evidenza le contraddizioni
del nostro modo di abitare: il lavoro che invade il tempo libero, la città che
sostituisce la casa, la luce artificiale che prende il posto del focolare.

Ed è forse proprio per questo che funziona così bene.

Die Hard (1988)

Non esiste vigilia senza John McClane. Ma il vero co-protagonista è il Nakatomi
Plaza (nella realtà il Fox Plaza di Los Angeles). Questo grattacielo è il
simbolo del Late Modernism anni ’80: specchiato, freddo, inaccessibile. Qui il
Natale non si celebra in famiglia, ma al lavoro, durante un party aziendale
finito male. L’edificio è un labirinto verticale di acciaio e vetro che
rappresenta l’opulenza aziendale, trasformando l’ufficio nel campo di battaglia
definitivo.

Elf (2003)

Empire State Bilding – New York
In Elf la città è verticale, veloce, razionale. Buddy, cresciuto al Polo Nord,
si muove dentro uffici, grattacieli e spazi standardizzati che poco hanno a che
fare con l’idea tradizionale di casa. Il Natale emerge per contrasto, rendendo
evidente la distanza tra immaginario fiabesco e realtà urbana.

Scrooged (1988)

Il lavoro non si ferma nemmeno la Vigilia.
Bill Murray è un Ebenezer
Scrooge televisivo che vive in un grattacielo che sembra una lama nera nel cuore
di Manhattan. L’edificio della IBC (che richiama le linee del Seagram Building
di Mies van der Rohe) è l’apoteosi dell’International Style. Minimalista,
rigoroso, privo di ornamenti. È l’architettura perfetta per rappresentare la
solitudine del potere: un Natale vissuto guardando la città dall’alto in basso,
dietro una parete di vetro.

Home Alone 2 (1990)

Quando Kevin McCallister si perde nella Grande Mela, dove va a cercare conforto?
Non in una casa, ma al Rockefeller Center. Questo complesso Art Déco diventa il
sostituto della “casa”. L’albero gigantesco e la pista di pattinaggio sono il
salotto pubblico di una società dove lo spazio privato si restringe e la magia
diventa un evento collettivo, illuminato da milioni di watt invece che da una
candela.

The Holiday – L’amore non va in vacanza (2006)

O’Hara House – Los Angeles
La casa del personaggio di Miles (Jack Black) è la celebre O’Hara House di
Richard Neutra. Modernismo californiano, trasparenze, continuità tra interno ed
esterno. Qui siamo a Silver Lake: linee orizzontali, vetrate a tutta altezza,
sistema domotico (che nel 2006 sembrava fantascienza). È la “casa macchina”
moderna: bellissima ma isolante. Il contrasto perfetto che ci insegna come il
calore umano, alla fine, debba essere importato dall’esterno.

Una poltrona per due (Trading Places, 1983)

Il classico natalizio per eccellenza, dove l’architettura non è certo moderna,
ma è fondamentale per il racconto. A Philadelphia compaiono la suggestiva
Rittenhouse Square, dove Valentine appare nella scena iniziale; la casa di
Winthorpe al 2014 Delancey Street; e il Curtis Institute of Music, che
rappresenta l’Heritage Club, luogo del primo incontro tra i due protagonisti. La
Fidelity Bank al 135 South Broad Street diventa invece la sede della banca Duke
and Duke.

A New York il film cattura una Manhattan in parte scomparsa: il World Trade
Center è visibile in diverse scene e il Greenwich Village fa da sfondo a varie
sequenze di strada. L’edificio più emblematico resta però il Park Avenue Armory
(643 Park Avenue, Upper East Side), indicato come Seventh Regiment Armory: qui
hanno sede gli uffici dei Duke & Duke. Con la sua architettura neogotica in
mattoni rossi di fine Ottocento, rappresenta perfettamente il potere economico e
sociale contro cui si muove la storia.

Forse amiamo questi film natalizi proprio perché sono onesti. Non fingono che il
mondo si fermi per le feste. Ci mostrano il Natale per quello che è diventato
oggi: una scintilla di calore che cerchiamo di proteggere all’interno di scatole
di vetro, cemento e frenesia urbana.

E voi, stasera dove vorreste essere? Davanti al camino di un cottage o con un
cocktail in mano all’ultimo piano del Nakatomi Plaza?

Buona visione e buone feste.

Christmas at the movies: forget Netflix fireplaces

Christmas Eve is the perfect moment to slow down and quietly watch one of those
old films we end up revisiting every single year, inevitably on Christmas night.
Here is a small cinematic playlist for those who love architecture and recognize
the power of space in shaping stories.

Interestingly, in films set at Christmas, architecture is very different from
the familiar imagery of a cozy pitched-roof cottage with a crackling fireplace
and snow-covered landscapes outside. Modern architecture does not try to be
welcoming. On the contrary, it highlights the contradictions of the way we live:
work invading free time, the city replacing the home, artificial light taking
the place of the hearth.

And perhaps that is exactly why it works so well.

Die Hard (1988)

There is no Christmas Eve without John McClane. But the real co-star is the
Nakatomi Plaza (in reality, Fox Plaza in Los Angeles). This skyscraper is a symbol
of 1980s Late Modernism: mirrored, cold, inaccessible. Here, Christmas is not
celebrated with family, but at work, during a corporate party gone terribly
wrong. The building is a vertical labyrinth of steel and glass that represents
corporate opulence, turning the office into the ultimate battlefield.

Elf (2003)

Empire State Building – New York
In *Elf*, the city is vertical, fast, rational. Buddy, raised at the North Pole,
moves through offices, skyscrapers and standardized spaces that have little to do
with the traditional idea of home. Christmas emerges through contrast, making
the distance between fairy-tale imagery and urban reality unmistakably clear.

Scrooged (1988)

Work does not stop, not even on Christmas Eve.
Bill Murray plays a
television-era Ebenezer Scrooge who lives in a skyscraper that looks like a black
blade cutting through the heart of Manhattan. The IBC building (whose lines echo
the Seagram Building by Mies van der Rohe) is the apotheosis of the International
Style: minimalist, rigorous, stripped of ornament. It is the perfect
architecture to represent the loneliness of power—a Christmas spent looking
down on the city from above, behind a glass wall.

Home Alone 2 (1990)

When Kevin McCallister gets lost in the Big Apple, where does he go to find
comfort? Not to a house, but to Rockefeller Center. This Art Deco complex becomes
a substitute for “home.” The gigantic tree and the ice rink turn into the public
living room of a society in which private space shrinks and magic becomes a
collective event, illuminated by millions of watts instead of a single candle.

The Holiday (2006)

O’Hara House – Los Angeles
The house of Miles (Jack Black) is the famous O’Hara House by Richard Neutra.
Californian modernism, transparency, continuity between interior and exterior.
We are in Silver Lake: horizontal lines, floor-to-ceiling glass walls, a home
automation system that in 2006 felt like science fiction. It is the modern
“machine house”: beautiful, yet isolating. A perfect contrast that reminds us
that human warmth, in the end, often has to be imported from the outside.

Trading Places (1983)

The ultimate Christmas classic, where architecture is certainly not modern, yet
fundamental to the story. In Philadelphia we see the evocative Rittenhouse
Square, where Valentine appears in the opening scene; Winthorpe’s house at 2014
Delancey Street; and the Curtis Institute of Music, which stands in for the
Heritage Club, where the two protagonists meet for the first time. The Fidelity
Bank at 135 South Broad Street becomes the headquarters of Duke & Duke.

In New York, the film captures a Manhattan that has partly disappeared: the World
Trade Center is visible in several scenes, and the Greenwich Village provides the
setting for various street sequences. The most emblematic building, however, is
the Park Avenue Armory (643 Park Avenue, Upper East Side), referred to as the
Seventh Regiment Armory: this is where the offices of Duke & Duke are located.
With its late-19th-century red-brick Neo-Gothic architecture, it perfectly
embodies the economic and social power the story pushes against.

Perhaps we love these Christmas films precisely because they are honest. They do
not pretend that the world stops for the holidays. They show us Christmas for
what it has become today: a spark of warmth we try to protect inside boxes of
glass, concrete, and urban frenzy.

And you—where would you rather be tonight? In front of a cottage fireplace, or
cocktail in hand on the top floor of Nakatomi Plaza?

Enjoy the films, and happy holidays.

29 Dicembre 2025 / / Coffee Break



Dimenticate per un attimo il rosso vibrante e l’oro scintillante, prendetevi
un momento…
Mentre il mondo corre verso le feste, noi vi invitiamo a
fermarvi.

Quest’anno l’estetica che ci emoziona sceglie di fare un passo indietro. È un
Natale fatto di toni avorio, burro e sabbia. Non è il bianco asettico del
minimalismo, ma un bianco caldo e materico: quello della lana grezza, della
porcellana fatta a mano e del lino vissuto.

Nel nostro ultimo post abbiamo parlato di Cloud Dancer e del bisogno di
silenzio visivo che caratterizzerà il 2026. Ma come si traduce questa
“sottrazione” nel momento più decorativo dell’anno? L’ultimo editoriale di
Zara Home
ci regala la risposta perfetta, dimostrando che il bianco non è un colore
freddo, se sappiamo come farlo parlare.

Materia e Luce: la ricetta del calore

Per rendere accogliente una casa “chiara”, Zara Home punta su due segreti:

Contrasti tattili: Se togliamo il colore, aggiungiamo consistenza.
Tovaglie stropicciate, vasi in ceramica artigianale e rami di pino lasciati al
naturale. La bellezza nasce dall’imperfezione.

La Luce come Architettura: Senza i toni scuri che assorbono, la luce
delle candele e dei camini rimbalza sulle pareti, avvolgendo le stanze in un
abbraccio morbido.

Il Vuoto è il Nuovo Decoro

In questo editoriale le stanze respirano. Non serve riempire ogni angolo per
sentirsi “in festa”. Spesso, una singola decorazione scelta con cura comunica
più lusso di mille addobbi seriali.

Il nostro consiglio? Quest’anno provate a togliere invece di aggiungere.
Schiarite i tessili e lasciate che la casa si riempia di pace. Il regalo più
grande per questo 2025 sarà, finalmente, un po’ di calma visiva


The White that Warms: A Christmas of Tactile Serenity

Forget for a moment the vibrant red and the glittering gold, take a
moment…
While the world rushes toward the holidays, we invite you to
slow down.

This year, the aesthetic that moves us chooses to take a step back. It is a
Christmas made of ivory, butter and sand tones. Not the aseptic white of
minimalism, but a warm, material white: that of raw wool, handmade porcelain
and time-worn linen.

In our latest post we talked about Cloud Dancer and the need for
visual silence that will define 2026. But how does this “subtraction”
translate into the most decorative moment of the year? The latest editorial
by
Zara Home
gives us the perfect answer, showing that white is not a cold color—if we
know how to let it speak.

Material and Light: the recipe for warmth

To make a “light” home feel welcoming, Zara Home focuses on two secrets:

Tactile contrasts: If we remove color, we add texture. Wrinkled
tablecloths, handmade ceramic vases and pine branches left in their natural
state. Beauty is born from imperfection.

Light as Architecture: Without dark tones to absorb it, candlelight
and fireplaces bounce off the walls, wrapping rooms in a soft embrace.

Emptiness Is the New Decor

In this editorial, rooms are allowed to breathe. There is no need to fill
every corner to feel “festive.” Often, a single carefully chosen decoration
conveys more luxury than a thousand mass-produced ornaments.

Our advice? This year, try removing instead of adding. Lighten textiles and
let your home fill with peace. The greatest gift for this 2025 will finally
be a bit of visual calm.

Immagini via Zara

29 Dicembre 2025 / / Coffee Break

C’è stato un momento, nell’ultimo anno, in cui abbiamo sentito tutti il
bisogno di nasconderci. Lo abbiamo fatto attraverso l’architettura d’interni:
abbiamo abbassato le luci, abbiamo dipinto i soffitti di color cioccolato,
abbiamo riempito le stanze di velluti color terracotta e legni scuri. Abbiamo
creato dei “bozzoli” per proteggerci dal rumore del mondo esterno. Il 2025 è
stato l’anno della terra, del Mocha Mousse, della densità materica.

Poi, qualcosa è scattato. O forse, si è semplicemente rotto.

La risposta al rumore non è più il rifugio, ma il silenzio. La scelta di
Pantone di eleggere
Cloud Dancer come colore dell’anno 2026
non è un semplice cambio di palette. È un segnale sociologico. Dopo esserci
riempiti di oggetti e colori saturi, siamo arrivati alla saturazione mentale.

Non è solo bianco

Molti clienti ci chiederanno: “Quindi torniamo al bianco?”
La risposta è complessa. Non stiamo tornando al bianco asettico e lucido del
minimalismo anni 2000. Cloud Dancer è un bianco che ha memoria. È la
differenza tra un foglio di carta per stampante e una pagina di cotone fatta a
mano.

Nel nostro studio stiamo già immaginando
come tradurre questo shock cromatico. Se fino a ieri lavoravamo per addizione (aggiungendo strati di colore) nel
2026 lavoreremo per sottrazione. Il beige e il sabbia non sono più base, ora
questi colori diventano gli accenti scuri su una base Cloud Dancer. I legni
non sono più noce canaletto o rovere termotrattato, ma tornano ad essenze
bionde, quasi sbiancate, tipiche del design scandinavo o
giapponese

Ma attenzione, togliere il colore significa dover aggiungere anima in
altri modi:

La luce come materiale: Senza colori scuri che assorbono, la luce
diventerà la vera protagonista, scolpendo i volumi.

L’imperfezione tattile: Useremo pietre naturali, intonaci in calce
rasata o argilla bianca, legni chiarissimi ma venati, trattati al naturale,
lini stropicciati, tessuti bouclé e lane grezze.
Il bianco 2026 deve
essere toccato, non solo guardato.

“Spazio” è il nuovo “Decor”

Nel trend massimalista del 2025, decorare significava riempire. Con l’arrivo
di Cloud Dancer, il vero lusso diventa il vuoto. Progettare pareti libere,
dove l’occhio può riposare, sarà la vera richiesta del mercato di fascia alta.

Il nostro consiglio?
Non abbiate fretta di ridipingere tutto. Il passaggio dai toni scuri al Cloud
Dancer può essere graduale.
Iniziate portando luce, schiarendo i tessili
e lasciando respirare gli angoli della casa.

2026: Why We Will Say Goodbye to Dark “Caves”


There was a moment, over the past year, when we all felt the need to hide.
We did so through interior architecture: we dimmed the lights, painted
ceilings chocolate brown, filled rooms with terracotta-colored velvets and
dark woods. We created “cocoons” to protect ourselves from the noise of the
outside world. 2025 was the year of earth tones, of Mocha Mousse, of
material density.

Then, something shifted. Or perhaps, it simply broke.

The answer to noise is no longer refuge, but silence. Pantone’s choice to
name
Cloud Dancer as the Color of the Year 2026
is not a simple change of palette. It is a sociological signal. After
surrounding ourselves with objects and saturated colors, we have reached
mental saturation.

It’s Not Just White

Many clients will ask us: “So, are we going back to white?”
The answer is complex. We are not returning to the sterile, glossy white of
early-2000s minimalism. Cloud Dancer is a white with memory. It is the
difference between a sheet of printer paper and a handmade cotton page.

In our studio, we are already imagining
how to translate this chromatic shock. If until yesterday we worked by addition (adding layers of color), in
2026 we will work by subtraction. Beige and sand are no longer the base;
they now become dark accents on a Cloud Dancer background. Woods are no
longer canaletto walnut or thermally treated oak, but return to blonde,
almost bleached species, typical of Scandinavian design or
Japanese
aesthetics.

But be careful: removing color means having to add soul in other
ways:

Light as a material: Without dark colors to absorb it, light will
become the true protagonist, sculpting volumes.

Tactile imperfection: We will use natural stones, skim-coated lime
plasters or white clay, very light but veined woods, treated naturally,
wrinkled linens, bouclé fabrics and raw wools.
The white of 2026 must
be touched, not just looked at.

“Space” Is the New “Decor”

In the maximalist trend of 2025, decorating meant filling. With the arrival
of Cloud Dancer, true luxury becomes emptiness. Designing free walls, where
the eye can rest, will be the real demand of the high-end market.

Our advice?
Don’t rush to repaint everything. The transition from dark tones to Cloud
Dancer can be gradual.
Start by bringing in light, brightening
textiles, and letting the corners of the home breathe.

29 Dicembre 2025 / / ChiccaCasa

Ogni anno, puntuale come il cambio stagione, torna lei, la fatidica domanda: “Che colori vanno di moda per la casa?”

Una domanda apparentemente innocua, curiosa, lecita.
Eppure, se parliamo di casa, quella vera, quella in cui vivi, ti rilassi, ti riconosci, è uno dei dubbi più fuorvianti e pericolosi che tu possa porti.

Oggi i migliori professionisti dell’interior design non inseguono le tendenze. Le ascoltano, le conoscono, ma se lavorano con cognizione di causa, si limitano a prenderne atto. L’obiettivo finale non è mai “creare interni alla moda”, ma dar vita a spazi che risuonano profondamente con chi li abita.

Ecco perché la vera tendenza per le pareti e per gli arredi colorati nel 2026 è un’altra: scegliere i colori in modo intenzionale e personale, partendo da sé.

Oggi non siamo più costretti a indovinare cosa ci piace o a seguire ciò che va di moda: esistono strumenti nuovi, come il RAH test, capaci di leggere le persone dall’interno, di intercettare sensibilità profonde e portare alla luce colori che spesso nemmeno sappiamo di amare.

Ascoltare le mode – o peggio, i consigli degli altri – è rischioso: sei tu che dovrai vivere in quella casa, ogni giorno.
Se un colore non ti risuona, non è un problema di design. È un problema di benessere.

Vediamo perché.

1) Le tendenze colore sono per la massa, tu sei speciale

Credits

Le tendenze nascono per funzionare su larga scala.
Devono piacere a molti, adattarsi a tanti contesti, essere facilmente replicabili. Il punto è proprio questo: sono pensate per la massa, non per te.

Se hai cercato su Google o su Pinterest cose come “colori di moda per pareti” o “colori arredamento 2026”, sarai entratə in un sistema che prova a dirti cosa dovrebbe funzionare per te.

Tu non sei una persona generica.
Hai una storia, una sensibilità, un modo tutto tuo di percepire lo spazio e il colore.

Scegliere i colori di casa solo perché vanno di moda significa rinunciare a ciò che ti rende unicə, per adattarti a uno standard impersonale.
Una casa così difficilmente sarà tua.

2) Colore dell’anno 2026? Se non risuona con te, quel colore diventa un incubo

Credits

Un colore può essere amatissimo su Instagram. Può essere inserito in tutti gli articoli e reels che parlano di colori di tendenza e comparire ovunque come soluzione “sicura”, ma se non ti appartiene, nel tempo diventa stancante, oppressivo, fastidioso.

Se con te non risuona, magari all’inizio ti convince. Poi inizi a evitarlo con lo sguardo. Infine ti chiedi perché, entrando in quella stanza, non ti senti mai davvero a tuo agio.

E non lo dico perchè mi attribuisco doti di preveggenza, ma perché tantə persone arrivano da me lamentando queste dinamiche, in cerca di una palette in grado di renderlə davvero fierə.

Se il colore non parla la tua lingua emotiva, influenza negativamente il tuo benessere in casa.

3) Più un colore è popolare, più invecchia in fretta (altro che casa moderna)

Credits Onecollection / House of Finn Juhl

I colori acclamati come super trendy invecchiano con una rapidità sconsolante. Lo abbiamo vissuto con il verde menta nel 2015, con il blu balena (colore tormentone del 2017) o con il color tortora di cui le pareti del soggiorno di mezza Italia sono tappezzate.

Quanto più li incontri – tra le pagine patinate delle riviste, negli showroom, nei reel o nei cataloghi – tanto più velocemente possono diventare, ai tuoi occhi, noiosi, banali e ridondanti.

È un meccanismo sottile, che funziona un po’ come il fenomeno dei tormentoni alla radio: possono entusiasmarti ai primi ascolti, ma poi inizi a sentirli ovunque fino al punto di ritenerli inascoltabili.
Questa sovraesposizione può persino farti odiare un colore che, genuinamente, hai sempre amato.

Cosa succede, quindi, se scegli i colori per la tua casa basandoti unicamente sui trend e sul colore dell’anno?
Potresti, ben presto, percepire la tua casa come anacronistica, obsoleta e spenta, malgrado la recente ristrutturazione.

I colori che ti rappresentano davvero non scadono mai. Non obbediscono al capriccioso calendario delle mode fugaci e richiamano i momenti felici del tuo vissuto, portandoti solo sensazioni positive.

C’è un altra questione da considerare: vuoi utilizzare i colori di tendenza per avere una casa contemporanea, ma sei davvero sicurə che il tuo stile personale sia proprio contemporaneo?

4) Ognuno reagisce ai colori in modo diverso: il tuo vissuto comanda

Credits

Il colore non è mai solo estetica: è memoria, emozione, esperienza.

Lo stesso punto di verde può essere rilassante per te e malinconico per me. Il beige può evocare calma o, al contrario, noia profonda, anche se viene suggerito dai media come colore luminoso e facile da abbinare.

Il tuo vissuto personale, spesso inconscio, comanda la reazione emotiva ai colori e questo nessuna tendenza pareti 2025 può prevederlo.

Copiare palette o abbinamenti di moda può portare a risultati completamente sbagliati, per te.

5) Non è detto che un colore di moda per la casa funzioni con i tuoi interni

Credits

C’è un altro grande assente quando si parla di tendenze: la tua casa e la sua unicità.

I colori in casa hanno il compito di creare un ambiente che ci rappresenti e che comunichi con gli elementi fissi della casa.
Con “elementi fissi” faccio riferimento al colore e al materiale di pavimenti, rivestimenti, finestre, porte, soffitti o pareti particolari.
Non solo: nella scelta di un colore è fondamentale considerare anche il contesto, il mood che si vuole creare e il colore della luce naturale che filtra dalle finestre, che può del tutto alterare la percezione di una tinta.
Un colore di moda può essere perfetto in una foto su Pinterest, ma apparire totalmente fuori luogo nella tua cucina o nel tuo corridoio.

Scegliere senza considerare gli elementi fissi e la luce naturale significa forzare l’equilibrio, invece di costruirlo.

Quando il colore non dialoga con ciò che già c’è, l’effetto finale è sempre disarmonico. Cosa te ne fai di un colore di moda, se non è in armonia con i tuoi spazi?

Come scegliere i colori per arredare casa?

Ormai ne sei consapevole: la risposta non è cercare l’ennesima lista di colori che vanno di moda per la casa, né rincorrere i colori di tendenza con un anno di anticipo.

La risposta è partire da te.

Il RAH test è uno strumento unico perché non si basa su gusti dichiarati o preferenze razionali, ma su come il cervello reagisce in modo spontaneo al colore.

Lavora su basi scientifiche – come l’associazione implicita e i processi cerebrali predittivi – e fa emergere i colori legati ai tuoi ricordi felici, quelli che la tua sfera emotiva riconosce come naturalmente “giusti per te”.

trova i tuoi colori felici

Si svolge interamente online, attraverso la selezione istintiva di immagini: non hai modo di pensare troppo o ragionare o scegliere cosa ti “conviene” selezionare. Proprio per questo, non si può barare. Se un colore ti appartiene davvero, il test lo intercetta, anche quando non lo avresti mai indicato a parole.

Il RAH test lavora su oltre 200 tinte utilizzate nell’interior design e ti restituisce una palette precisa dei tuoi colori felici, accompagnata da indicazioni sugli abbinamenti più armonici. Esiste anche una versione di coppia, pensata per costruire una palette condivisa, equilibrata e coerente per chi vive insieme la stessa casa.

I risultati non restano teorici: vengono elaborati da me per trasformarli in una guida concreta e replicabile per te, su come usare il colore negli spazi, come abbinare i tuoi colori tra loro e quali codici NCS comunicare in colorificio per ottenere tinte quanto più simili a quelle che ami.

In questo senso, il RAH test non è una moda né una scorciatoia. È una strada solida per scegliere colori che non stancano, non annoiano e non passano, ma continuano nel tempo a trasmetterti benessere e un profondo senso di appagamento.